Il mondo vivente è magnificamente e infinitamente complesso. Animali e persone, piante, e tutti i microorganismi sono parti di ecosistemi interconnessi, e sanno adattarsi ai cambiamenti. Il modo in cui prendiamo decisioni all'interno di questa complessità vivente ha un impatto decisivo sul suo funzionamento.
La Gestione Olistica fa della complessità la sua forza. È un approccio gestionale che si basa sulla profonda comprensione del funzionamento degli ecosistemi e offre strumenti pratici per prendere decisioni sane nella grande complessità che emerge dall’interazione tra attività umane ed equilibri naturali.
Un focus della Gestione Olistica è la rigenerazione delle praterie in tutte le loro forme, compresi i sistemi silvo-pastorali e agroforestali, i prati alpini, e le savane.
Le praterie si sono coevolute con gli animali da pascolo, e la Gestione Olistica utilizza il bestiame domestico per imitare il comportamento delle antiche mandrie selvatiche in un modo che guarisce i terreni degradati, e ne migliora il funzionamento e la biodiversità.
La Gestione Olistica, nel suo insieme, forma un quadro decisionale, applicabile principalmente (ma non solo) nelle aziende agricole, per rigenerare le terre e le comunità da una prospettiva ecologica, economica e sociale.
Questo quadro fornisce una guida per creare una bussola decisionale, include procedure specifiche per pianificare la gestione di terreni e animali, e con il monitoraggio ecologico e una serie di verifiche controlla che le decisioni prese vadano nella direzione desiderata.
La Gestione Olistica è stata sviluppata negli anni '60 da Allan Savory, un ecologo, agricoltore e biologo della fauna selvatica dello Zimbabwe. Studiando la desertificazione nelle praterie in ambienti aridi, notò che le aree protette, da cui il bestiame era stato rimosso per favorire la rigenerazione, continuavano a deteriorarsi. Questa scoperta mise in discussione le teorie convenzionali secondo cui i numeri di animali fosse la principale causa del sovrapascolamento e di degrado del suolo.
Approfondendo le sue ricerche, Savory comprese che la chiave per la salute degli ecosistemi non risiedeva semplicemente nella gestione del numero di animali, ma nel tempo e nel modo in cui questi interagivano con il territorio.
Analizzando gli ecosistemi naturali, si accorse che i grandi erbivori selvatici, costantemente in movimento e riuniti in mandrie a causa della presenza di predatori, contribuivano a mantenere il suolo fertile attraverso il calpestio, la distribuzione del letame e la stimolazione della crescita vegetale.
Attraverso anni di ricerca e sperimentazione con vari collaboratori, Savory capì che il bestiame, se gestito correttamente, poteva imitare il comportamento naturale dei grandi erbivori selvatici. Questa intuizione portò allo sviluppo del Pascolo Pianificato Olistico per gestire il bestiame in modo rigenerativo.
Negli anni '80, con l'aiuto di Jody Butterfield e di altri collaboratori, Savory espanse e formalizzò le sue scoperte nel quadro decisionale della Gestione Olistica, applicabile non solo alla gestione della terra e del bestiame, ma anche a qualsiasi processo complesso che richieda un equilibrio tra fattori ecologici, economici e sociali.
La Gestione Olistica divenne così un approccio sistemico che aiuta agricoltori, allevatori e comunità a prendere decisioni basate su una visione a lungo termine, adattandosi alle specificità di ogni contesto.
Oggi, è praticata in tutto il mondo, aiutando le comunità a rigenerare la terra, aumentare la biodiversità e migliorare i mezzi di sussistenza. Ha influenzato l'agricoltura rigenerativa, le iniziative di conservazione e i modelli di business sostenibili, dimostrando che lavorare in armonia con la natura porta benefici duraturi per le persone e per il pianeta.